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Mi chiamo Stefano Viola ho 34 anni e sono originario di Gaeta, in provincia di Latina, dove ancora vivo.
La mia passione per la fotografia nasce relativamente tardi, nel pieno fiorire dell’era digitale.
A cavallo tra il 2005 e il 2006 acquistai la mia prima bridge evoluta: una Fujifilm Finepix S5600, con la quale cominciai ad applicarmi quasi esclusivamente alla fotografia sportiva. L’idea era quella di ritrarre la piccola comunità di surfisti della città di Gaeta, e mettere a loro disposizione tutti gli scatti fotografici in quello che fu il progetto SurfinGaeta (attualmente dismesso).
Con l’acquisto della mia prima reflex digitale, una Canon EOS 400D, cominciai a sperimentare con curiosità un po’ tutti i generi fotografici alla ricerca di qualcosa in cui potermi identificare. Finii dunque con il distaccarmi gradualmente dal genere sportivo per approdare alla fotografia paesaggistica e di reportage, con particolare interesse rivolto anche alla street photography.
Non sono un professionista, nel senso che per me la fotografia non è rappresenta il mio mestiere principale, ma “solo” la mia più grande passione: sono nato come autodidatta e ho continuato a crescere come tale, trascorrendo gran parte del tempo libero a sperimentare e a documentarmi tra blog, forum e siti web stranieri, alla ricerca di nuove tecniche di scatto e di elaborazione dell’immagine. Ne deriva uno stile fotografico dalle sfumature e dai contrasti marcati; nei miei scatti adoro enfatizzare la luce e il modo in cui questa colora la scena.
Il mio primo corpo macchina reflex è stato una Canon EOS 400D e fino al 2015 ho portato avanti il marchio Canon, acquistando altri due corpi (La EOS 50D e la EOS 5D Mark II) e svariate lenti della serie L (24L, 135L, 17-40L, 70-200 f/4L IS).
Nel Marzo del 2015 ho fatto quello che un fotografo dovrebbe teoricamente evitare di fare: ho venduto per intero il mio corredo Canon di cui sopra, per passare a Nikon. Da un punto di vista prettamente “mentale” si trattava di uno di quei classici tarli che molti fotografi si portano dentro; quelle “finte necessità” che ti assillano e che ti costringono a scavare per ore su internet, sui forum di discussione alla ricerca di risposte pseudo-esistenziali 😀
Da un punto di vista pratico invece avevo le idee ben chiare: lo scopo era quello di approdare ad un corpo macchina dotato di un’ottima latitudine di posa (alias gamma dinamica) in grado di semplificare e alleggerire, soprattutto a livello di tempo impiegato, il processo di post produzione.
Mi sono sempre tenuto alla larga da tecniche come HDR, esposizioni multiple, manual blending e luminosity mask; tutti i miei scatti sono frutto di esposizioni singole effettuate con l’ausilio di filtri graduati a lastrina della LEE, e del relativo polarizzatore circolare.
Ebbene, approdare a Nikon con la D810 non ha deluso le mie aspettative: superato lo scoglio iniziale di aver perso la mia ottica preferita (il Canon 24mm F/1.4 L II) ho cominciato a sentirmi decisamente a mio agio con l’attrezzatura giallo-nera. La gamma dinamica pazzesca, e il rumore praticamente inesistente a bassi ISO offrono la possibilità di lavorare con serenità in in post produzione effettuando, quando necessario, recuperi delle zone in ombra più o meno spinti; il tutto senza la minima presenza di vertical/horizontal banding (tallone di Achille di corpi come la 5d mark II & III).
Attualmente nei miei viaggi porto sempre con me la seguente attrezzatura:
Le ultime 3 lenti fanno parte del vecchio corredo Nikon analogico di mio padre (che comprende anche la Nikon FG).
Con mia grande sorpresa ho potuto constatare che a distanza di quasi 40 anni queste lenti rendono magnificamente sugli attuali corpi digitali, D810 compresa.
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