L’alba dalla cima del Monte Batur – Bali, 21 Marzo 2017.
Essenzialmente per raggiungere la cima del Monte Batur (1717m) è necessario, se si vuole vedere l’alba, partire da Ubud alle 2:00 di mattina e raggiungere con un’ora d’auto il campo base dal quale parte il trekking notturno. Per questo motivo un po’ tutti mi avevano consigliato di ritirarmi presto la sera prima del trekking, risposare abbondantemente e recuperare le forze…detto fatto…certo! Sono le 21:00 del 20 Marzo, mi sono appena ritirato nella mia guesthouse dopo un’intera giornata di escursione tra i templi di Mengwi, le risaie di Jatiluwih, e il tempio sull’acqua di Bedugul. Super doccia e subito a letto per cercare di riposare almeno 5 ore ma, nemmeno il tempo di spegnere la luce che ricevo un messaggio da Sophie e Fergus, due ragazzi che ho conosciuto la sera prima al LOL, uno dei pochi locali notturni di Ubud dove si fa musica reggae dal vivo. Sophie e Fergus mi dicono che sono al CP Lounge (un locale distante circa 15 minuti a piedi dalla mia guesthouse) e mi invitano ad andare a bere qualcosa. Considerato l’orario sono un po’ perplesso a dire di si ma, chissenefrega penso, sono in vacanza, al massimo una birra e alle 22:30 sarò di nuovo a letto.
Tutto molto bello a dirsi, se non per il fatto che all’ 1:30, dopo alcune birre e qualche mojito al dragon fruit sono ancora al CP Lounge a bere, ridere e scherzare con gli altri, inclusi Haukur e Bryndìs due simpaticissimi ragazzi islandesi appena conosciuti. All’1:45 mi rendo conto di essere un’idiota: ho 15 minuti per tornare alla guesthouse, sistemare lo zaino fotografico, cambiarmi e prepararmi per il trekking…ovviamente posso scordarmi di fare anche solo 10 minuti di sonno.
Fuori dal locale fermo uno dei tanti “tassisti” abusivi che continua imperterrito ad esclamare “tassì tassì tassì tassì tassì” ; si chiama Ketut come il 90% delle persone originarie di Bali, (la fantasia nello scegliere i nomi per i figli non è proprio il punto forte dei balinesi), e con 20.000 rupie mi catapulta alla mia guesthouse in pochi minuti.
Sistemo lo zaino fotografico, metto le scarpe da trekking, mi guardo allo specchio (era meglio non farlo) e sono pronto per saltare in auto con il driver che mi attende fuori in strada.
Ci fermiamo a prendere Janeé, una ragazza che ho conosciuto il giorno prima alle cascate di Tegenungan, che ha deciso di unirsi al trekking, e poi via verso il campo base.
Durante il tragitto provo a riposare un po’ ma sono seduto davanti e l’aria condizionata è talmente forte che ogni 5 minuti mi sveglio tirando un colpo di tosse.
Sono le 3:00 e finalmente arriviamo al campo base, ci dicono di metterci in forze prima della salita e ci offrono banana pancakes e un tazzone di caffè balinese che, per rendere l’idea, è una sorta di caffè dello studente talmente nero e talmente poco filtrato che ne bastano due, tre sorsi per decidere di non aver più bisogno di dormire per il resto della vita.
Bene, la pancia è piena, gli occhi sono sgranati e, dopo averci fornito torce e bottiglie d’acqua (il mio zaino è sempre più pesante) finalmente parte il trekking. Ci sono decisamente più persone di quelle che avevo immaginato, in tutto siamo forse un centinaio, e lo spettacolo che mi si para davanti agli occhi è unico. Sono molte infatti le persone che si sono avviate in anticipo, e su tutta la montagna comincia a prendere forma questa sorta di fila indiana luminosa, peccato non poterla fotografare; avrei dovuto tirare fuori il treppiede (si mi sono portato anche il treppiede) e rimanere troppo indietro rispetto agli altri.
La prima parte della salita è decisamente abbordabile, resa faticosa solo dal peso dello zaino e dal fatto che ovviamente non dormivo dal giorno prima, ma questo è solo un dettaglio.
A metà tragitto, dopo circa un’ora, la situazione comincia a farsi seria: la pendenza diventa importante, il fondo di roccia lavica non aiuta e arrivati a circa 1000m il vento comincia a farsi sentire. La mia maglietta è completamente sudata (ma va?) e quando dico completamente intendo che mi sembra di avere indosso un’ostia bagnata; il vento ci mette il suo e capisco che questo colpo di freddo lo pagherò caro durante il resto del viaggio (e infatti così è stato).
Il fondo è sempre più scivoloso, la pendenza sempre più impegnativa, qualcuno comincia ad arrendersi e sfiancato si butta ai lati del percorso, qualcun altro si fa aiutare dalle guide balinesi, altri si fermano al primo check-point poco prima delle vetta.
Come era lecito aspettarsi gli ultimi 300 metri sono i più impegnativi; dopo una breve pausa per riprendere le forze ripartiamo affrontando l’ultimo tratto molto ripido dove è assolutamente necessario aiutarsi con le mani e arrampicarsi nel vero senso della parola.
Sono circa le 5:15 e finalmente siamo in cima al monte Batur, l’alba è prevista per le 6:00 quindi ci sediamo e ci rilassiamo in attesa delle prime luci del giorno. Ci offrono altro cibo, tramezzini ripieni con banane cotte, tè caldo e uova sode; sembra più una degustazione di cibo locale che un trekking ma sono affamato e mangio tutto.
Il tempo di montare il treppiede, tirare fuori l’attrezzatura e lo spettacolo comincia: l’intera valle e il lago si illuminano e, trattandosi di un vulcano ancora attivo, cominciano ad essere visibili varie fumarole.
Il cielo è abbastanza nuvoloso quindi non esplode quell’alba che speravo, ma le luci e i colori sono comunque meravigliosi e vale la pena immortalare la scena con un paio di scatti.
L’immenso senso di pace viene improvvisamente interrotto dalle grida di una turista russa; mi giro e una scimmia le ha appena portato via parte del suo tramezzino. In meno di 1 minuto l’intera cima della montagna è ricoperta di scimmie che, probabilmente attratte dal cibo, scorazzano a destra e sinistra, rubano bottiglie d’acqua e si arrampicano sulle persone.
Qualcuno infastidito comincia ad avviarsi verso la discesa, io ovviamente mi fermo e mi faccio una foto con la scimmia che nel frattempo si è tranquillamente appollaiata sulla mia spalla.
Sono le 7:30 ed è tempo di incamminarsi verso il campo base; sono cotto e stracotto; comincio ad accusare il fatto di non aver dormito ma il caffè balinese mi tiene gli occhi aperti, e le due ore e mezza che impiego per la discesa mi sembrano non finire mai.
Alle 11:00 sono finalmente nella mia guesthouse, il tempo di una doccia e ancora mezzo bagnato mi spalmo sul letto.
Alle 16:00 il verso di un gallo mi sveglia, (sono nella giungla eppure ci sono i galli, e per di più cantano di pomeriggio…mah), e ho solo un pensiero per la testa…ho bisogno di un altro caffè balinese.
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