Ok…ricapitoliamo un attimo le ultime 12 ore:
Mi sveglio alle 8:00, in una guesthouse di Uluwatu, dopo aver trascorso la notte ad un party allucinante al Single Fin, uno dei locali più famosi di Bali dove ogni domenica c’è questa festa fuori di cranio che comincia al tramonto e finisce alle 5 di mattina (per i dettagli della festa…ci sarà modo di scrivere un altro post 😀).
Fuori diluvia, decido di prendermela con calma e comincio a sistemare la valigia in tutta tranquillità visto che il volo per rientrare in Italia è alle 21.45.
Evidentemente prima di partire dall’Italia, dieci giorni fa, non ho studiato bene le tradizioni balinesi e mi è sfuggito solo un piccolo dettaglio: domani è il NYEPI DAY…niente di particolare…solo il capodanno balinese.
A voler essere proprio precisi, NYEPI DAY significa giorno del silenzio, e per giorno del silenzio intendo che la città per un giorno intero, dalle 6 del mattino (di domani), alle 6 del mattino successivo si spegnerà nel vero senso della parola. Niente taxi, niente autobus, niente macchine, niente scooter, niente persone per strada, niente di niente, persino l’aeroporto rimarrà chiuso per l’intera giornata.
Ovviamente i turisti sono tenuti a rispettare l’usanza, quindi è fatto divieto assoluto di mettere piede fuori dagli alberghi, i quali serrano le porte nel vero senso della parola e coprono addirittura le vetrate con fogli di giornale, perlomeno così mi è stato detto.
Il senso di questo silenzio e dell’astensione ad uscire per strada è spiegato dal fatto che secondo la tradizione le divinità maligne faranno visita all’isola durante l’intera giornata e quindi devono credere che Bali sia deserta per potersene andare (si ma vorrei andarmene anche io in serata), e lasciarla in pace per un altro anno.
Bene, penso, poco male…il capodanno è domani, oggi non dovrei avere problemi a riorganizzare il tutto, impacchettare le mie cose e prendere un taxi per l’aeroporto…ma non è così. Ovviamente il giorno prima del NYEPI DAY per strada c’è il panico totale, carri, sfilate, manifestazioni, quindi praticamente è un po’ come chiedere ad un tassista romano di attraversare Piazza San Pietro mentre il Papa recita l’Angelus…ottimo.
Per questo motivo la ragazza della guesthouse mi suggerisce di cominciare a chiamare il taxi per avviarmi verso l’aeroporto, in quanto dopo le 15:00 sarebbe stato letteralmente impossibile raggiungere il terminal internazionale di Denpasar.
Vabbè, poco male, mi preparo a dover passare 7 ore nell’aeroporto balinese in attesa del mio volo…ma non faccio i conti con un altro piccolo problema. Dopo aver pagato la guesthouse mi rendo conto di aver terminato i contanti (vi avevo detto che la sera prima ero stato al party al Single Fin vero?) e qui la cosa si complica. L’idea di pagare il taxi per l’aeroporto con la carta di credito svanisce prima ancora che possa provare a chiederlo…sono in Indonesia porca miseria mica a New York.
Ho ancora degli euro nel portafogli, ma tanto per gradire, tutti o quasi, i money changer nelle vicinanze risultano essere chiusi…il tempo scorre e la situazione si complica. Mi faccio dare l’indirizzo dell’unico money changer che dovrebbe essere aperto fino alle 13:00, ma è parecchio lontano dalla guesthouse…a piedi non ce la farò mai.
Scendo per strada e incontro un ragazzo balinese con lo scooter, gli mostro l’indirizzo e gli chiedo se può darmi un passaggio prima a cambiare i soldi e poi di nuovo indietro alla guesthouse. Gli metto in mano le ultime rupie che avevo e monto sullo scooter con lui.
Il tizio guida come un cane, anzi no, sono convinto che se avessi preso un cane e l’avessi messo alla guida dello scooter con me dietro sarebbe andata meglio.
Per strada c’e un panico, l’asfalto (chiamiamolo asfalto) è zuppo, ci sono buche e fango ovunque, ma il cane, cioè il tizio, tranquillamente fa slalom tra persone, macchine, camion, carri, e mentre continuo a ripetergli “hey man watch out”, prende in pieno una buca grossa quanto la ruota dello scooter…chiudo gli occhi. Non so come ma sono ancora seduto sullo scooter, il tizio mi rivolge un semplice “sorry” accompagnato da una mezza risata e continua a guidare come niente fosse. In quei pochi secondi di delirio in cui ero sicuro che saremmo finiti per terra, il mio unico pensiero è stato chiedermi se anche per accedere all’ospedale avrei dovuto attendere che le divinità maligne se ne fossero andate dall’isola…ma questo grazie a dio non lo saprò mai.
Finalmente raggiungo il money changer, cambio i soldi, e di nuovo in sella per un’altra folle corsa in scooter verso la guesthouse.
Arrivo a destinazione e il taxi è già li che mi aspetta da dieci minuti, per un pelo non rischio di perderlo. Carico tutto in macchina e via.
A metà strada per l’aeroporto incontro 3 ragazzi olandesi che disperati fanno cenno al tassista di fermarsi; devono andare a Kuta ma hanno perso l’ultimo autobus e non ci sono più taxi liberi in zona. Dico al tassista che ovviamente per me non c’e’ problema e carichiamo su anche loro.
Da Uluwatu all’aeroporto Denpasar il taxi impiega 2 ore (29km!!!), guidando praticamente a passo d’uomo in mezzo ad una folla di carri e scooter. L’aria condizionata non funziona (ma va?) e io sono vestito con pantaloni lunghi e scarpe (l’idea era quella di arrivare a Fiumicino vestito come un cristiano). La temperatura fuori supera i 30°, l’umidità è meglio che non ve lo dico; comincio a sudare come una bestia.
Sono le 15:00, arrivo finalmente in aeroporto, sono talmente sudato da essere radioattivo; mi spiace solo per chi siederà vicino a me in aereo, ma prometto che perlomeno eviterò di togliere le scarpe.
Il mio aereo è alle 21:45 e il terminal è talmente pieno di gente che sembra di stare in India durante l’ Holi Festival.
Mi attendono 6 ore e 45 prima dell’imbarco, mi butto per terra in uno dei pochi angoli rimasti liberi, apro il portatile e comincio a scrivere questa storia sperando di ammazzare un po’ il tempo.
E pensate che queste sono solo le ultime 12 ore trascorse in Indonesia…per i restanti nove giorni penso ci sia bisogno di un libro.
Dieci giorni fa sono partito scrivendo un post in cui dicevo che certi viaggi andavano presi così come capita, senza troppe aspettative, comprando un biglietto e mettendo un paio di cose in valigia.
In questi giorni ho incontrato talmente tante persone, e ho condiviso con loro talmente tante esperienze che mi sembra sia trascorsa un’infinità. Il bello dei viaggi in solitaria probabilmente è proprio questo: parti da solo zaino in spalla senza troppe pianificazioni e ti ritrovi a vivere un’avventura che difficilmente dimenticherai per il resto della vita.
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